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LA NOTTE DEL 20 LUGLIO 1969

1969, l'anno della Luna e della rabbia

di Marco Innocenti

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1969, i favolosi Sessanta si chiudono in America sotto il segno della rabbia. Bombe sul Vietnam, proteste a ondate nel Paese. A Washington "regna" Richard Nixon, con le sue lucide intuizioni e il suo complesso di attore fischiato che ne alimenta la sospettosa solitudine. Con Kissinger, rilancia la Realpolitik, l'uso gelido e calibrato del potere. Obiettivo: il "disimpegno con onore" dal Vietnam. Alla sua America fredda e razionale si contrappone quella calda delle piazze: uno scontro duro, fra due estremi e due ragioni.
La Casa Bianca estrae dal suo vocabolario un neologismo: vietnamizzazione, progressivo disimpegno dell'esercito americano e potenziamento di quello di Saigon. Nixon annuncia in luglio il primo ritiro di 25mila uomini. Il 20 Armstrong sbarca sulla Luna nel nome del mondo libero e di JFK, che nel '61 aveva lanciato la corsa ("We choose to go to the moon"). Per Washington, sotto pressione, è un breve squarcio di sole. In autunno, con il negoziato di Parigi in stallo e la tv che porta la guerra in casa, si mobilita la piazza.
Il 15 ottobre marciano centinaia di migliaia di persone. E' il primo Moratorium Day. I morti della campagna vietnamita pesano come macigni. Nixon spiana la mascella in segno di sfida e chiama a raccolta la maggioranza silenziosa. Il suo vice Agnew, nemico della sfumature, attacca gli studenti "eunuchi" dei campus ribelli. La seconda ondata è del 13 novembre: la marcia contro la morte. Mentre scende una notte gelida, i manifestanti partono da Arlington: ognuno porta un cartello con il nome di un caduto e una candela accesa. Washington è paralizzata. Centinaia di migliaia di persone circondano la Casa Bianca come l'accampamento di un vecchio western. Nixon è sotto assedio, il Paese è spaccato. L'America "padrona" della Luna rischia di affondare nelle risaie vietnamite. E' esplosa come una bomba la notizia del massacro di My Lai. La gente è sconcertata: crisi di valori?, follia della guerra?, abissi umani?, veleni?.
La Casa Bianca resiste, Nixon si esalta quando la partita si fa dura: ha promesso di portare i ragazzi fuori dalla palude e, nonostante il due di picche della vietnamizzazione, lo farà. Sarà il Watergate, nel '74, a stroncarlo. Uscirà di scena in lacrime, l'altra faccia della gioia "lunare" del 20 luglio '69. E di "Tricky Dicky" l'America ricorderà solo le cose peggiori.
L'"affaire" vietnamita si chiuderà solo nel '75. Saigon cadrà il 30 aprile in una limpida mattina di sole. A mezzogiorno il cancello di Palazzo Indipendenza verrà sfondato da un carro armato sovietico con bandiera vietcong. Poche ore prima l'ultimo elicottero americano era decollato dal tetto dell'ambasciata. Prima di prenderlo al volo, i marines avevano saturato di granate lacrimogene la gabbia dell'ascensore. "L'ultimo marine che lascia Saigon _ diceva una canzone di tempi di Nixon _ per favore spenga la luce".

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